Lo dicono tutte le ricerche: l’email marketing è ancora molto efficace
Un recente articolo di Avinash Kaushik apparso su Linkedin, pur non dicendo nulla di nuovo agli specialisti, ha il pregio di riportare i riflettori su una grande verità che, bombardati dal clamore imperante dei social, tendiamo spesso a dimenticare: se volete conversioni, cioè acquisti, azioni e ricavi a breve termine, lasciate perdere i social networks, l’Email marketing è ancora il Re.
Il dato è in questo grafico fornito da McKinsey, risultato di una indagine nel mercato americano che investigava sui canali più efficaci per la Customer-acquisition. Come si vede, la percentuale di conversioni per il canale Email è quasi 40 volte quella di Twitter e Facebook. E per di più, si tratta di un trend in crescita dal 2010 al 2013.
Le lezioni, come le chiama Kaushik, che ne possiamo trarre, sono almeno 3:
- il canale social è totalmente irrilevante, allo stato attuale, come strumento per ottenere conversioni e ricavi nel breve termine
- il canale Email funziona quando l’azienda ha compreso i 3 concetti alla base del permission marketing (vedi anche l’articolo Data-driven marketing): la frequenza di invio del messaggio (latency), la temporizzazione in base alle azioni degli utenti (recency), la rilevanza del messaggio (quale valore accordiamo in cambio della richiesta di attenzione).
- i social non sono mai stati, a discapito delle allettanti chimere del social marketing, un canale votato alla conversione. Nel classico modello delle 3 fasi, poi ribattezzato See-Think-Do (vedi anche questo articolo di Kaushik), appare chiaro che i social eccellono nella fase di See, sono discreti nella fase Think ma sono totalmente deficitari nella fase Do.
Il motivo dell’ultima affermazione è ben comprensibile: nessuno va sui social per acquistare e pochi ci vanno anche solo per fare ricerche; ci si va per divertirsi, per avere qualche aggiornamneto sul mondo digitale e per coltivare le relazioni virtuali (qualsiasi cosa esse significhino) con i propri conoscenti.
Quello che le aziende possono fare è capire perchè la gente va sui social: dare loro informazioni che possano condividere con gli amici, dare loro intrattenimento e cercare di “personificare” il proprio brand. Quando questo riesce, le aziende possono ricevere la compiacenza e l’occhio di riguardo (la promessa, direi) dei consumatori, costruendo così la propria brand equity.
E questo naturalmente porterà dei ricavi nel lungo periodo, ma solo quando i clienti saranno pronti ad una interazione più diretta e non oggi o domani o quando l’azienda lo desidera.
Mi sento allora di condividere, pur nel loro assolutismo, le domande che Kaushik suggerisce di porsi prima di dedicarsi ai social:
- la vostra azienda è filosoficamente social? Ha lo spirito, l’attitudine e le capacità per sostenere questo tipo di relazione?
- la vostra azienda crede fino in fondo nella strategia di costruire relazioni di lungo periodo e investire nella brand equity? E, soprattutto, ha la pazienza di aspettare i risultati?
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